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“La guerra fra poveri” nel cinema di Leonardo Di Costanzo

Le opere del regista ischitano Leonardo Di Costanzo riescono, forse senza nemmeno la precisa volontà di farlo del regista, nell’intento di mostrare alcune cause di quella che è stata nel precedente capitolo definita “guerra fra poveri”, e, altresì, mettono in luce lo svolgimento ed alcuni possibili esiti di essa stessa. I lavori del regista di cui si tratterà sono tre, rispettivamente due lungometraggi e un mediometraggio: L’intrusa (2017), Ariaferma (2021) e Un cas d’école (2003).

Possiamo dividere ulteriormente le opere appena citate in due filoni: il primo riguarda il Di Costanzo documentarista e il secondo il Di Costanzo regista di film. Nelle due opere di finzione vi sono, poi, delle ulteriori profonde differenze. Essi costituiscono, infatti, due rovesci opposti della medaglia nelle soluzioni che Di Costanzo stesso sembra suggerire per evitare, o quanto meno arginare, il fenomeno della “guerra fra poveri”.

Prima di addentrarsi in modo puntuale nella trattazione delle opere nominate, è opportuna una precisazione formale riguardo uno degli aspetti seminali del cinema del regista ischitano: l’uso dello spazio. Tutte e tre le opere in esame, infatti, sono ambientate in spazi molto ben delimitati e circoscritti: per il filosofo francese Michel Foucault questi sono i cosiddetti “luoghi disciplinari”. Nel suo saggio Sorvegliare e Punire egli asserisce che, in essi, “ciascuno è chiuso nella sua gabbia, ciascuno sta alla sua finestra, rispondendo al proprio nome quando glielo si chiede: è la grande rivista dei vivi e dei morti”. Nelle opere del regista, questi luoghi sono, per i personaggi che si muovono in modo asfittico al loro interno, delle vere e proprie gabbie, reali e metaforiche. Di Costanzo stesso ha motivato tale scelta durante un’intervista rilasciata a Goffredo Fofi per la rivista Cinecritica nel 2021:


per capire certi personaggi devo star loro molto vicino e ho bisogno di luoghi chiusi, dove si svolge una quotidianità obbligata. In tale scelta c’è quindi una doppia ragione, la prima è sociologica, possiamo dire così, l’altra è invece drammaturgica, perché in certe situazioni i personaggi non sono mai univoci, sono combattuti, cambiano.


A tal riguardo, il critico cinematografico Anton Giulio Mancino aggiunge che:


Di Costanzo rimodula oggi associando nei suoi film, di finzione e non, la questione degli spazi variegati e vigenti di reclusione: gli edifici scolastici e parascolastici (L’intrusa e A scuola, appunto) o la nave (Odessa) e l’inequivocabile, effettiva prigione istituzionale (Ariaferma)”.


Una così forte delimitazione spaziale è essa stessa causa di conflitto: i soggetti che si trovano a dover interagire all’interno di questi luoghi, infatti, sono costretti a confrontarsi fra di loro, ad affrontare le reciproche differenze. Ciò rende chiaro come sia piuttosto probabile che entrino in un forte conflitto. Pertanto, l’analisi dei conflitti fra soggetti di una medesima classe in questa trattazione avverrà ponendo come fil rouge gli ambienti all’interno dei quali questi conflitti avvengono: la scuola per Un cas d’école, la comunità per L’intrusa e la prigione per Ariaferma.

Ecco allora che le dinamiche sociali che emergono nel mediometraggio Un Cas d’école divengono la rappresentazione cinematografica di quanto è stato illustrato fino ad ora: soggetti che appartengono alla stessa classe che vivono a stretto contatto fra loro in una situazione di conflittualità.


Roberto Vitacolonna




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