E se Faust lavorasse nello showbiz? Musica, gotico e altre follie: focus su “Il Fantasma del Palcoscenico”
- Andrea Brena
- 20 feb
- Tempo di lettura: 11 min

Life at last
Salutations from the other side
I can see that you're the Devil's pride
Do you realize that all of you donated something horrible you hated that is part of you
I'm your nightmares comin' true I am your crime!
(Life At Last) [1]
Brian De Palma ha realizzato molti film importanti, di successo, bellissimi. Ma spesso viene dimenticato dall'Olimpo dei grandi registi dei nostri tempi. In particolare, il suo film del 1974 “Il Fantasma del Palcoscenico” (“Phantom of the Paradise”), un esempio straordinario di film musicale (non musical, ma con una colonna sonora composta da Paul Williams in funzione della trama), con un sottotesto di critica sociale legata al mondo dello spettacolo velenosissima, un quantitativo impressionante di riferimenti letterari e cinematografici impiantati in uno scenario glam e, a volte, persino camp e una regia ineccepibile, non presenta quasi nessuna analisi critica e raramente viene citato in trattazioni cinematografiche.
Difficile capire il motivo di questo vuoto. Il film alla sua uscita a New York è stato ignorato da un pubblico di riferimento, i giovani: forse perché, secondo De Palma stesso, la pellicola non si è integrata pienamente con il linguaggio di protesta sviluppato in quegli anni, più politico e meno propenso ad una messa in forma come quella del film in questione. Forse De Palma stesso non suscitava sufficiente richiamo nell' ambiente newyorkese, rispetto a quello strettamente hollywoodiano. Ma probabilmente la critica marcatissima di una schiera di ragazzi e ragazze disposti a tutto, anche a “vendersi” agli squali dello showbusinnes per ottenere una facile e, a volte immeritata, notorietà.
Il compositore Winslow Leach viene notato per le sue composizioni, un addattamento in chiave pop/rock del Faust, dal famosissimo discografico Swan (personaggio quasi mitologico che da anni sforna successi, uno dopo l'altro), intenzionato a rubare la musica al musicista, inadatto a presentarsi al pubblico. Quando Leach, nel frattempo invaghito di Phoenix, una giovane cantante provinata per uno dei brani rubati, si rende conto di essere stato ingannato, viene ingiustamente imprigionato a Sing Sing. Qui viene sottoposto ad un trapianto di denti in acciaio, obbligato a lavorare per una fabbrica di giocattoli (sempre di proprietà di Swan), finché non riesce a fuggire e raggiungere gli studi di registrazione per distruggere le copie della propria opera, falsamente attribuita ad un altro gruppo. In questo frangente, incidentalmente resta sfigurato al viso da una pressa e si rifugia al Paradise, il locale di proprietà di Swan, in cui ruba un casco e un costume, tramutandosi nel Fantasma. Dopo vari tentativi di sabotaggio, Swan e Leach giugono ad un accordo: Winslow riscriverà l'opera per Phoenix, a condizione che il produttore faccia di lei la star dello show. Ennesimamente ingannato da Swan, che affida il ruolo di protagonista a Beef, il Fantasma si vendica uccidendo quest'ultimo in scena e permettendo finalmente all'amata di uscire alla ribalta. Il successo è immediato, ma Swan seduce la cantante e, quando Wislow tenta di mettere fine alla sua vita, rivela che il contratto firmato dal compositore è una sorta di Patto con il Diavolo: finché Swan vive, Leach non potrà morire. Scopriamo anche che a sua volta il produttore ne ha sottoscritto un altro per non invecchiare. La sua figura segnata ed invecchiata è relegata ad uno dei video sulla propria vita che Swan colleziona e che viene distrutto dal Fantasma. Nel finale, Leach salva Phoenix dalla morte e dall'ennesimo contratto vincolante che avrebbe donato la sua voce a Swann, uccidendo quest'ultimo, ormai deturpato dopo la distruzione della pellicola che ne nascondeva le reali fattezze. In questo modo il Fantasma muore tra le braccia di Phoenix, che si rende conto di chi sia l'unico ad averla davvero mai amata.
Il gotico, il Muto, Oscar Wilde, Hitchcock e il Grottesco “quanto basta”: la ricetta per una critica al Sistema
La principale ispirazione letteraria, liberamente adattata dallo stesso De Palma, è chiaramente “Il Fantasma dell'Opera”, romanzo di Gaston Leroux, pubblicato tra il 1909 e il 1910 e comunemente associato al genere horror, in particolare dopo la sua trasposizione cinematografica del 1925, in cui Lon Chaney veste i mostruosi panni del protagonista Erik. Il parallelismo tra Leach ed Erik, mostruosi geni della musica, che terrorizzano il palcoscenico del Paradise o dell'Opera, per far sì che la donna amata possa cantare la loro musica è evidentissimo. Entrambi i personaggi del “Fantasma”, si rivelano figure patetiche e al contempo pericolose, nonostante l'arco narrativo di Leach non riesca a trasformarlo in un vero e proprio “antagonista”, a differenza di Erik, la cui storia è solo accennata, che fino all'epilogo riveste il ruolo di feroce assassino, ossessionato dalla protagonista femminile, un terrificante antagonista di cui il lettore prova paura.
Se dovessimo paragonare Phoenix alla Christine Daé del romanzo, la differenza diviene ancora più evidente: la cantante del film giunge al successo con innocenza, ma immediatamente viene contagiata dalla cupidigia di Swan e dell'ambiente discografico, mentre Christine resta innocente, divisa tra la pietà per il mostruoso persecutore e l'amore per l'intrepido fidanzato Raoul de Chagny con cui vorrebbe fuggire.
Emblematica è la scena ambientata sul tetto in entrambe le versioni, in cui il Fantasma spia l'amata in compagnia di un altro uomo di cui è geloso: nel romanzo di Leroux, la cantante cerca di progettare la propria fuga con l'innamorato, scatenando l'ira funesta di Erik, mentre Phoenix si concede a Swan, dopo aver rifiutato il protagonista, diventando una delle tante che associano sesso e successo, portando Winslow a pugnalarsi (invano), osservato a sua volta dalle telecamere del malefico produttore.
Entrambi i Fantasmi mantengono la connotazione di geni, quindi figure altere rispetto all'umanità, emarginati a causa della deformità fisica che li isola maggiormante e che li porta a indossare una maschera, che acquisisce un ruolo determinante: scinde la persona messa in scena dal personaggio, trasformando sia Erik che Leach in puri simboli che non possono interagire emotivamente con il mondo che li circonda. Nel caso di “Phantom of the Paradise”, la maschera trasforma lo sventurato Leach in un punto di vista feroce e in una figura disumanizzata volta a decostruire la finzione dello showbiz, a differenza del corrispettivo letterario che resta scevro da questa connotazione di critica sociale.
De Palma sfrutta altre due opere letterarie per connotare negativamente la figura di Swan: il “Faust” di Goethe (1808) e “Il ritratto di Dorian Gray” (1890). Entrambi i romanzi si basano su un “patto demoniaco”, quello del Dottor Faust con il Diavolo e quello più sfumato nei termini che permette a Gray di restare eternamente giovane, commettendo ogni tipo di malvagità, conferendo i segni della propria vita dissoluta alla sua immagine ritratta. Swann non solo sottoscrive un accordo per preservare la propria bellezza e il proprio successo con il Demonio (rappresentato come la sua immagine riflessa), sottolineando ancor più marcatamente il narcisismo e la superficialità necessarie per ottenere successo, ma impone un “patto demoniaco” anche a coloro che vuole sfruttare per il loro talento, vincolandoli a sé per l'eternità. Appropriandosi del successo altrui, si qualifica come fautore del destino dei suoi artisti. Questo potere assoluto e vincolante dei produttori è uno degli aspetti più presi di mira da De Palma nel film: quasi potesse essere sconfitto solo da elementi reazionari, che non si piegano a compromessi. Infatti, come per Dorian Gray, la deformità morale di Swan si manifesta su una pellicola, su cui sono registrati tutti i patti firmati dal produttore, da Leach e da Phoenix. Sarà il fantasma a distruggerla, rivelando la mostruosità di Swan e rendendolo mortale.
Questa ipertrofia degli strumenti di ripresa, telecamere e pellicole, unita a sguardi in macchina molto televisivi durante alcune performance musicali e alla sequenza finale in cui Phoenix dovrebbe essere uccisa in diretta televisiva, direziona la critica di De Palma anche sul piccolo schermo. Swan stesso afferma: “Un assassinio, in televisione, in diretta per tutta l'America: questo è spettacolo!”. De Palma non si limita a parodiare uno showbusiness che mercifica l'arte, che sfrutta i soggetti assetati di successo, costretti a scendere a compromessi, mentre chi si oppone a tali meccanismi viene ridotto ad un outsider, un mostro, ma sottolinea anche una pornografia dell'immagine, una spettacolarizzazione del turpe, trasformando lo spettacolo da espressione artistica a mera celebrazione della visibilità.
I riferimenti al romanzo gotico già di per sé sono un rimando ad una cultura artistica in conttrapposizione alla logica industriale dell'arte come prodotto. Non a caso nella rappresentazione del “Faust” messa in scena al Paradise, ci sono chiari riferimenti a “Frankenstein” di Mary Shelley, classico gotico del 1818, simbolo di una paura sociale per lo sviluppo tecnologico e critica etica alle applicazioni della scienza. De Palma utilizza questo riferimento per sovvertire il significato della figura mostruosa, mostrandoci invece il perfetto prodotto di una cultura di massa basata sulla vacuità. Beef si esibisce simulando coiti, e in altre pose bizzarre, dopo essersi risvegliato come Mostro, risvegliato dall'elettricità, in un numero sulle note di “Life at Least” cantando: “I'm the evil that you created. Gettin' horny and damned frustrated. Bored stiff and I want me a woman now!”[2]. Il “post-moderno Prometeo” è un uomo malvagio, annoiato, frustrato, che necessita solo di sesso e appagazione. Prodotto e ricettore perfetto per un'industria artistica basata sull'apparenza e sull'impermanenza dell'arte come oggetto di consumo.
Nella stessa scena, la scenografia si rifà a “Il gabinetto del dottor Caligari”, film espressionista tedesco del 1923 e diretto da Robert Wiene. Contrastati bianco-neri, prospettive distorte e spezzate in angoli acuti, quasi in prossimità di un incubo, fanno da sfondo all'esibizione del gruppo The Undead (i non- morti, nonché ex Juicy Fruits, ed ex Beach Buns) che interpretano una versione rock di Cesare, protagonista del film tedesco, sonnambulo costretto ad uccidere, controllato dal sedicente dottore, che lo risveglia dalla sua bara e lo scatena contro il mondo. Volano braccia, gambe, tronchi fittizi, manichini fintamente mescolati al pubblico. Brandelli di finti umani, smembrati da altri soggetti controllati psicologicamente, in mezzo ad un pubblico in visibilio. Ennesima rappresentazione di uno spettacolo vacuo, di una messinscena quasi kamp, metafora di un controllo produttivo volto solo a stupire, a eccedere, a ipnotizzare il pubblico. Si possono notare riferimenti anche al “Rocky Horror Picture Show”, spettacolo che già da un anno stava riscuotendo grande successo a Broadway e che l'anno dopo sarebbe stato trasposto in una versione cinematografica considerata un capolavoro del musical.
Ultimo evidente riferimento cinematografico, inserito da De Palma nel film, è quello alla celeberrima scena della doccia in “Psycho” (Alfred Hitchcock, 1960): Beef è sotto la doccia e viene aggredito dal Fantasma, che lo minaccia di non esibirsi per lasciare il ruolo di protagonista a Phoenix. Il regista ricostruisce la struttura della scena hitchcockiana alla perfezione, per poi sostituire il coltello con cui Norman Bates massacra Marion Crane nell'originale, con uno sturalavandini, che chiude la bocca a Beef, mentre viene ammonito dal Fantasma. Un omaggio ad un maestro di De Palma, che anche in questo caso viene sovvertito in una sorta di macchiettistica parodia, quasi a volerci dire per l'ennesima volta che l'arte si trova altrove, che siamo nel regno dell'eccesso, in cui tutto sarà estremizzato e tramutato in una sorta di grottesca rappresentazione dello spettacolo.
Anche tecnicamente, Brian De Palma e il suo montatore Paul Hirsch, sfruttano tecniche e riferimenti all'epoca del cinema muto per rendere ancora più surreali molte delle scene iniziali del film: durante il tentativo di intrufolarsi nella villa di Swann, vestito da donna, e nella rocambolesca fuga dal carcere, nascosto in uno scatolone, Winslow si muove a 16/20 fps, come nelle commedie slapstick degli anni Venti; vengono frequentemente utilizzati effetti di transizione come iride e tendine, tipiche delle prime pellicole prodotte a Hollywood; anche lo split screen, spesso utilizzato da De Palma, viene sfruttato per trasmettere il concetto di contemporaneità, molto più del classico montaggio alternato. A tutto ciò si aggiunge un ampio utilizzo della soggettiva, come ad esempio, quando Leach si introduce al Paradise, un elemento tipico del cinema di genere horror (molto sfruttato ad esempio da Dario Argento), mentre per rendere l'idea della “scossa” che uccide Beef in scena, Hirsch utilizza un trucco di montaggio, basato sull'inversione a coppie dei fotogrammi del girato. La stessa enfasi eccessiva della recitazione nel film non può non ricordare i divi del Muto.
Scelte che appaiono in contraddizione con un film di genere musicale, che rendono ancora più assurdo e stravagante lo svolgersi dell'azione. Lo stesso Fantasma si trova ad essere diventato muto, dopo l'incidente che l'ha sfigurato, e solo l'intervento di Swan e della sua tecnologia riescono a restituire una voce a Leach. Una tecnologia che, insieme alle svariate iniziative collaterali alla Death Production, psicofarmaci, catene di montaggio per giocattoli in cui si sfruttano carcerati, esperimenti su protesi dentali in acciaio, presse per la stampa di dischi che si trasformano in attrezzi distruttivi, oltre alle sempre presenti telecamere, sembra avere un'accezione negativa, quasi ricordando la famosa catena di montaggio che intrappola Charlie Chaplin in “Tempi Moderni” (Chaplin, 1936).
Nonostante “Il Fantasma del Palcoscenico” si presenti come un film a volte bislacco, kitsch, eccessivo, al suo interno De Palma carica molteplici livelli di significato, e riferimenti al cinema che forse solo gli appassionati riescono a cogliere ad una prima visione. Il risultato è certamente spaesante, ma anche ricco di un fascino unico che nel tempo ha reso la pellicola un cult.
Nomen omen: “birdwatching” e etimologia al “Paradise”
Un ulteriore aspetto di analisi del film può essere ritrovato nella scelta dei nomi che De Palma ha attribuito ai protagonisti.
Già il titolo originale “Phantom of the Paradise”, in riferimento all'omonimo locale, ricorda un volatile, l'uccello del paradiso, animale tropicale noto per le strane e favolose combinazioni di colori nel loro piumaggio e per le straordinarie esecuzioni canore in fase di corteggiamento.
Lo stesso cognome Swan significa “cigno”, simbolo di eleganza e bellezza, qualità attribuite anche al produttore e causa principale del suo patto con il Diavolo.
La cantante Phoenix, fa riferimento alla Fenice, animale mitologico che rinasce dalle proprie ceneri dopo la morte. Il suo canto viene definito come un soffio di vita, il Suono Divino o la Musica in grado di animare lo stesso Dio Sole, in varie culture. Nel film infatti, lo stesso Swan definisce la cantante “perfetta”: prima tenta di escluderla, volendo essere il solo ad essere considerato tale, per poi tentare invece di sacrificarla per possedere la sua voce. Ma come per l'animale leggendario, Phoenix stessa risorge dal suo patto con la Morte (la Death Production, il cui simbolo è proprio un uccello morto), per tornare libera e innocente.
La stessa Death Production in origine avrebbe dovuto essere chiamata Swan Production, ma la produzione del film fu costretta a cambiare nome per via di una causa intentata da una società ominima, obbligando De Palma a modificare tutto il girato e ad inserire l'immagine del volatile morto al posto del precedente logo.
Anche i costumi richiamano direttamente la tematica dei volatili: in alcune scene Phoenix è vestita con abiti realizzati con piume, le stesse ballerine del Paradise si esibiscono con dei costumi in piumaggio nero, che ricordano dei corvi. Ma l'elemento forse più importante è la maschera del Fantasma, una sorta di elmo che ricorda le fattezze di un falco, disegnato da Tom Burnams e indossato da William Finley.
Si tratta in effetti dell'elemento più riconoscibile e, nel tempo, rappresentativo di tutto il film. È stato utilizzato da Kentaro Miura, mangaka giapponese, come elmo del principale antagonista del suo fumetto “Berserk”, Grifith, che nel corso della storia acquisisce anche il nome di Phemt, che sta proprio per Phantom, Fantasma. Anche il duo francese dei Daft Punk si è ispirato al film sia per il design degli elmi indossati per l'album “Random Access Memories” del 2013, in cui collaborano proprio con Paul Williams, interprete di Swan e autore dell'intera colonna sonora del film di De Palma, dichiarandosi fortemete influenzati dalla pellicola, la loro preferita in assoluto che ha fortemente definito ciò che sono artisticamente.
Un altro aspetto dell'etimologia scelta per i protagonisti di “Il Fantasma del Palcoscenico” riguarda i cantanti prodotti dalla Death Production. Sia Juicy Fruits, che Beach Buns e Beef, possono tradursi come “Frutti succosi”, “Panini da spiaggia”, “Carne”, tutti prodotti invitanti pronti ad essere divorati e consumati dal pubblico. Non a caso, l'ultimo nome affibbiato alla band degli ex Juicy Fruits sarà The Undeads: non morti, consumati dalla Death Production, probabilmente impossibilitati a morire, in quanto vincolati ad un patto con Swan che non permette loro nemmeno di morire.
“Phantom of the Paradise”, nonostante vari intoppi produttivi, cause legali contro Universal per il copyright di “Il Fantasma dell'Opera” ed altri, un'uscita deludente al box office, ottiene una candidatura agli Oscar per la Miglior Colonna Sonora. Nel complesso possiamo definirlo un insuccesso. Negli anni però il film ha acquisito uno statuto di cult, con un gruppo di fan sempre più nutrito, fino ad essere considerato oggi un piccolo gioiello del genere horror musicale. Complesso, sfaccettato, irriverente, divertente e disturbante nello stesso tempo, un esempio di come la critica sociale può essere messa in scena in modo iperbolico e schizofrenico. Un Brian De Palma diverso da quello più conosciuto, sempre maestro della tecnica, che sfoggia in modo divertito una cultura immensa per parlare di un problema sempre attuale: il conflitto tra i sogni di gloria e lo squallido sistema industriale dello showbusiness, spesso organo digerente di artisti che si trasformano in meri prodotti. Le cui firme sono però vergate col sangue.
[1] Vita, finalmente | Saluti dall'altra parte | Posso vedere che siete l'orgoglio del Diavolo | Vi rendete conto che tutti voi avete donato qualcosa di orribile che odiavate che è parte di voi | Io sono i vostri incubi divenuti realtà io sono il vostro crimine! (Life At Last)
[2] Sono il male che avete creato | che sta diventando arrapato e dannatamente frustrato | Annoiato rigido e voglio una donna adesso!