top of page

The Shrouds - David Cronenberg



Dopo il grande ritorno sugli schermi di qualche anno fa con "Crimes Of The Future" David Cronenberg fa nuovamente capolino nei cinema con uno dei suoi progetti più personali e sentiti in assoluto, dalle forte connotazioni autobiografiche.


Il soggetto di "The Shrouds", questo il titolo dell'ultima fatica del regista canadese, parte da un innesto di trama tanto semplice quanto accattivante: Krash (Vincent Cassel) che per l'occasione assume in tutto e per tutto, sia nel vestiario, sia nel linguaggio, che dal punto di vista fisico, le fattezze dello stesso Cronenberg, è un imprenditore di successo che ha fatto la propria fortuna nella creazione di lapidi d'avanguardia, che attraverso una particolare tecnologia hi-tech, controllata a sua volta da un app, permette ai vivi di osservare il corpo in decomposizione dei propri cari; ecco però che quando tutto sembra isntradarsi verso una determinata direzione, un atto vandalico ai danni del cimitero coinvolgerà il protagonista all'interno di una subdola cospirazione pronta a comprometterne tutte le sue più granitiche certezze.


Così come nel lavoro precedente, Cronenberg, scava nei meandri delle sue opere più rappresentative tornando a parlare del corpo ma in maniera del tutto differente rispetto al solito; se in film come Existenz, The Brood, Rabid o Videodrome il regista affrontava la tematica del corpo umano come epicentro dei cambiamenti sociali che attraversavano la sfera politica e sessuale dell'individuo, quest'ultimo abbraccia del tutto la dimensione voyeuristica, dove l'osservazione del corpo e della morte diventano un atto di puro estetismo, di autocompiacimento, in cui gioca un ruolo fondamentale l'avvento travolgente e distopico delle nuove tecnologie.


Krash, del tutto inadeguato nel procedere con la propria vita, cerca nel passato, nelle copie (non è un caso il duplice ruolo ricoperto da una magnetica Diane Kruger, che veste allo stesso tempo i panni della moglie di Krash e di sua sorella) e nel rapporto con le intelligenze artificiali un appiglio grazie al quale andare avanti, grazie al quale rideterminarsi in quanto essere umano, sostituendo la carne e i legami emotivi ad un idea astratta di una vita aleatoria e consolante che intravede nella digitalizzazione l'elemento salvifico in sostituzione a mancanze affettive materiali.


Il superamento del lutto è solo una delle tante tematiche che Cronenberg si impone di raccontare all'interno di The Shrouds, un opera decisamente tra le più sfidanti e ostiche che abbia mai regalato al pubblico all'interno della sua sterminata produzione cinematografica, in un connubio di discorsi e riflessioni che se da una parte sembrano tradire le credenze e i punti cardine della sua poetica, dall'altra ne sono invece la loro naturale evoluzione.


La "nuova carne", il "nuovo sesso" tornano ad essere la forza motrice che muove i fili e che qui si concretizza nel cospirazionsimo, unica ancora di salvezza in grado di dare lustro e vitalità a personaggi altrimenti vuoti ed inermi che trovano all'interno di quest'ultimo la forma di compiacimento più alta e viscerale in grado di risvegliare i loro impulsi più reconditi.

Forse un po troppo autocompiacimente, è invece in questo caso lo stesso Cronenberg, totalmente libero e slegato da qualsiasi paletto produttivo, scrive infatti il film seguendo un flusso di coscienza più intimo e personale che almeno in parte ne compromette la sostanza; troppi voli pindarici, troppi cambiamenti di ritmo e troppa carne messa sul fuoco rischiano infatti di confondere lo spettatore, non tanto per la quantità e la profondita degli elementi affrontati, quanto piuttosto per via della loro esecuzione.


È difficile prendere una posizione netta nei riguardi di quest'opera, non è un caso che a Cannes, dove lo scorso anno è stata presentata in concorso, abbia scisso a metà il pubblico tra chi l'ha detestata con ogni fibra del proprio essere e chi ne ha esaltato le gesta parlandone come di uno dei progetti più freschi e interessanti usciti nell'ultimo drcennio e dalla mia, invito caldamente a chi si recherà in sala a visionarlo di andare oltre i giudizi a caldo, lasciando invece sedimentare e fermentare un opera che, al netto di qualche difetto di troppo, parla a cuore aperto attraverso lo sguardo stanco ma ancora accesso e passionale di un autore che a suo modo è riuscito ad anticipare i tempi e il cinema ben più di una volta nel corso di cinquant'anni di carriera.


Potrebbe essere una delle delusioni più cocenti e inaspettate dell'anno o l'ennesimo prodotto d'avanguardia di un artista che per l'ennesima volta ha visto qualcosa prima di noi; ai posteri l'ardua sentenza.

Comments


©2022 di ReadyToRec. Creato con Wix.com

bottom of page