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Nosferatu - Robert Eggers




Bisogna avere del coraggio da vendere o una presunzione smoderata per decidere di mettersi al timone di un progetto cinematografico come "Nosferatu" dopo le straordinarie trasposizioni a cura di due mostri sacri della settima arte come Herzog e Murnau.

L'ultima fatica di Eggers però, non solo riesce a portare in scena il tutto nel pieno rispetto delle opere precedenti, ma ne riaggiorna il linguaggio ai tempi moderni attraverso uno stile grafico e narrativo profondamente personale che scongiura del tutto la possibilità di rendersi una copia carbone egregiamente eseguita.


La regia del cineasta statunitense irrompe in tutta la sua eleganza con movimenti di macchina lenti e raffinati che coniugano in modo encomiabile uno stile a tratti voyeristico alla sostanza di fondo che pervade la totalità del racconto; a differenza dei due film precedenti il regista decide di abbracciare in tutto e per tutto la poetica che porta avanti sin dai tempi di The VVitch conferendo all'opera un impronta palpabile intrisa di un romanticismo macabro in grado di inpreziosirla con un climax emotivo inaspettato, in netta contrapposizione con la violenza e la carnalita delle inmagini mostrate a schermo.


Il Nosferatu di Eggers è viscerale, catartico, passionale e si impone di riflettere su tematiche di fondo che abbracciano in tutto e per tutto la sfera sessuale dell'individuo, ritratta come pulsione principe di tutte quelle caratteristiche che spingono l'uomo a mettere in pratica le proprie azioni e i propri pensieri, avvolgendo il tutto in una cornice gotica mozzafiato che strizza l'occhio ai grandi classici del passato senza mai scadere nel manierismo più scontato.


Gli attori sono tutti in parte e giocano un ruolo chiave all'interno dello storytelling, dove tutti i caratteri presentati assolvono alla propria funzione, mettendo in risalto al cento per cento quello che è un lavoro teorico e di scrittura eseguito con tutti i crismi.

Inutile (per quanto doveroso) prodigarsi nell'analisi delle performance attoriali - d'altronde da un cast di tale caratura era difficile aspettarsi qualcosa di deludente - ma non menzionare la prova attoriale di Bill Skarsgard, che veste i panni dell' ammaliante conte Orlok, sarebbe un ingiustizia imperdonabile, dal momento che rappresenta in maniera piuttosto dichiarata il coefficiente di attrazione principale dell'intera operazione.


La rappresentazione del vampiro (e giuro che tutto ciò che sto per dire è da intendersi nell'accezione più positiva del termine) è ripugnante, fatiscente, riprovevole, e si dimostra estremamente abile nel prendere le distanze da tutte quelle trasposizioni che per anni hanno portato in scena la creatura vestendola di quel fascino perverso che qui viene completamente rigettato, ed è triste constatare di come in certi lidi la cosa sia stata ravvisata più come un difetto che come lodevole nota di merito.


In definitiva Nosferatu mette in mostra in modo pressoché inopinabile il talento dilagante di un artista che sembra essersi instradato verso la grandezza e in virtù della consapevolezza dei propri mezzi che sembra aver maturato col passare degli anni ne da piena dimostrazione divertendosi a portare in scena un prodotto che lo ha cresciuto in lungo e in largo (non a caso Nosferatu è l'opera che più di qualsiasi altra ha maturato nel regista la volontà di approcciarsi al cinema) arricchendolo con gli stigmi autoriali che ne caratterizzano la produzione filmica svolta fino a questo momento.


Ci sarebbe da dire molto in merito a questa pellicola, o in alternativa molto poco, l'estasi sensoriale ed emotiva potrebbe esercitare sul pubblico un fascino tale da lasciare ammutoliti (soggettività premettendo) e incapaci di formulare un giudizio eccessivamente approfondito, ma riconoscere la potenza visiva e concettuale di un opera citazionista e al tempo stesso riaggiornata di un soggetto artistico di cotanto valore storico non potrà che rappresentare un grado di consapevolezza comune anche agli occhi dei suoi più feroci detrattori.

Quadri in movimento che si muovono all'unisono all'interno di una compagine tecnica e narrativa che lanciano inevitabilmente il prodotto tra la schiera di quelli che saranno i titoli di maggior richiamo (e rilievo) nell'annata cinematografica corrente.


Stefano Berta

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