Companion - Drew Hancock
- Stefano Berta
- 31 gen
- Tempo di lettura: 2 min

L'opera prima di Drew Hancock si inserisce perfettamente tra la schiera di quei prodotti che, in particolar modo nell'ultimo periodo, utilizzano il genere per riflettere su tematiche sociali e relazionali che toccano le dinamiche di coppia all'interno della modernità e finalmente, con un leggero ritardo, approda sul territorio italiano a partire dal 30 Gennaio.
Il regista americano mette subito in mostra le proprie qualità dimostrando di avere completa dimestichezza dietro la macchina da presa, realizzando un film che, sul piano formale, svolge egregiamente il proprio dovere attraverso una regia chiara e quadrata, che rifugge apertamente qualsivoglia concessione alla spettacolarità effimera e a virtuosismi vari; gli attori sono tutti ben diretti e i personaggi adeguatamente caratterizzati, sebbene ad avere la meglio tra tutti siano i due protagonisti Sophie Thatcher e Jack Quaid (entrambi in rampa di lancio dopo essersi ritagliati ruoli di rilievo all'interno del panorama televisivo) e anche la tematica di fondo sembra avere la forza necessaria per reggersi sulle proprie gambe senza ricorrere a furbizie varie che avrebbero potuto compromettere il quadro d'insieme a 360 gradi.
Quello che purtroppo instrada l'opera verso territori decisamente più fallaci è però la sceneggiatura, che nonostante sia semplice e perlopiù ben scritta inciampa lungo il tragitto in risvolti narrativi che si concedono qualche faciloneria di troppo liquidando in modo eccessivamente approssimativo dei momenti che avrebbero meritato una trattazione più coerente ed omogenea.
Certo, la riflessione di fondo funziona e la grande metafora che sta alla base del soggetto di partenza convince a pieno, ma dimostra di non avere un impalcatura di supporto adeguatamente stabile per veicolarla nel migliore dei modi, complice sopratutto una gestione dei toni piuttosto schizofrenica che passa da momenti in cui si rivolge allo spettatore con quel velo di autoironia inaspettatamente efficace, ad altri in cui si prende apertamente sul serio affidandosi ad un registro comunicativo più diretto e didascalico.
Si passa dalla commedia, al dramma, dall'horror al thriller, fino ad arrivare alla fantascienza, all'interno di un minestrone di generi che con un idea più salda alla base probabilmente avrebbe sortito tutt'altro effetto, perché si, nonostante l'intento sia palesato si dalle prime battute è altresi opportuno riscontrare come questo alimenti più di qualche perplessità a causa di un lavoro di scrittura oltremodo interessante ma figlio di quell'ingenuità che sta alla base di tante opere prime.
Promettente sotto certi punti di vista, opportunamente rivedibile sotto altri, l'opera di esordio di Drew Hancock è senza dubbio meritevole di una visione; il giochino narrativo architettato coinvolge e difficilmente lascerà il pubblico catatonico di fronte all'escaltletion degli eventi che si innescheranno man mano, sarà invece interessante capire come quest'ultimo possa porsi nei confronti di un messaggio alla base che seppur impattante sta forse diventando un po troppo inflazionato e ripetitivo e di una sceneggiatura che richiede una sospensione dell'incredulità talmente alta che non potrà quasi sicuramente passare in secondo piano con così tanta disinvoltura.
Stefano Berta
Comments