Captain America: Brave New World - Julius Onan
- Stefano Berta
- 14 feb
- Tempo di lettura: 3 min

Sulle spalle di Captain America Brave New World gravava un aspettativa non indifferente: riabilitare il buon nome del Marvel Cinematic Universe a seguito di alcuni prodotti che da dopo il picco raggiunto con Endgame, avevano deluso gran parte degli appassionati dell'universo cinematografico e non. Ci sarà riuscito? In parte, mi verrebbe da dire.
Il trentacinquesimo film della compagine supereroistica supervisionata da Kevin Feige arriva nei cinema a seguito di non poche vicissitudini produttive che hanno portato la pellicola, nel corso della sua fase realizzativa, ad essere rigirata per circa il 70% a fronte di alcuni test screening a dir poco fallimentari che ne hanno compromesso fino all'ultima la buona riuscita, e partendo da queste premesse si può dire che il risultato finale sia quanto di meglio ci si sarebbe potuto aspettare.
L'opera messa in piedi da Julius Onah ha un obiettivo specifico, ovvero quello di ripresentare al pubblico un canovaccio riconducibile perlopiù ai primi progetti portati in scena dalla casa delle idee, strizzando l'occhio ai lavori delle prime fasi e per una porzione narrativa anche abbastanza massiccia, chiuderne anche alcune sottorame rimaste in sospeso da tempi non sospetti.
Mai come in questo caso, per trovarsi a bordo della nave, risulta necessario avere un infarinatura pregressa per comprendere al meglio la presenza di alcuni personaggi e di alcuni avvenimenti del passato che qui vengono riproposti; si fa riferimento in particolare a lavori come "L'Incredibile Hulk", "Eternals" e per forza di cose alla serie spinoff "Falcon And The Winter Soldier" che esplorava le conseguenze derivate dalla scelta di Steve Rogers di passare il testimone a Sam Wilson.
Anthony Mackie, dal canto suo, porta avanti la sua legacy in modo abbastanza convincente, restituendo una performance soddisfacente sebbene scevra (almeno parzialmente) del carisma imperante di un interprete come Chris Evans, al punto da rendere a tutti gli effetti il personaggio di Thaddeus Ross il vero mattatore della pellicola, interpretato da un Harrison Ford insospettabilmente in forma che regala quelli che sono in assoluto i momenti di maggior coinvolgimento presenti all'interno del lungometraggio.
Poco spazio per brillare hanno invece i personaggi secondari, abbozzati nel migliore dei casi e privi di quella presenza scenica che dovrebbero avere per portare avanti le dinamiche di gruppo in maniera stimolante.
Il film tenta disperatamente di rifarsi alle atmosfere spionistiche di "Captain America The Winter Soldier" ancora oggi una delle vette più alte mai toccate dall'MCU, ma è giusto rilevare che per quanto intrattenga e abbia un ritmo coerente con quanto mostra a schermo, non raggiunga mai effettivamente quella stessa potenza, limitandosi ad esserne una copia carbone discretamente eseguita ma priva di quel brio che ha portato il film dell'allora 2014 ad ottenere la fama di cui gode ancora oggi, complice sopratutto una regia di Julius Onah decisamente scialba e sottotono, che se desta interesse per ciò che teoricamente vorrebbe riprodurre fallisce invece miseramente nella suq esecuzione, rendendo la pellicola molto più affabile dal punto di vista dell'intreccio politico che da quello meramente spettacolare/action.
Tutto sommato però, questo quarto capitolo dedicato all'eroe dalla casacca a stelle e strisce conserva a suo modo una propria dignità, propinando del buonissimo intrattenimento, riflettendo su tematiche socio-politiche non così scontate (soprattutto per i tempi che corrono) e restituendo finalmente dopo tanto tempo quel sapore di universo condiviso che sembrava essersi perso un po per strada con gli ultimi lavori.
Qualcuno potrebbe storcere il naso, molti lo faranno e molti altri ancora lo hanno invece già fatto, ma aldilà dei molteplici malfunzionamenti che affliggono la pellicola, l'idea di essere ritornati ad una dimensione più confortevole e confidenziale non rappresenta in alcun modo una parentesi negativa da giudicare con aria inquisitoria.
Certo, è il minimo sindacale che la Marvel dovrebbe offrire per ritornare a godere appieno del riscontro positivo che col passare degli anni ha portato il fandom ad appassionarsi a questi livelli, ma dopo aver toccato il fondo provare a risalire la china al netto di qualche incertezza nella postura non può che essere di buon auspicio in vista del futuro che ci attende.
Non è un nuovo inizio, non è la svolta che avremmo voluto, ma un dignitosissimo strating point che si auspica possa essere anche soltanto il punto di partenza di un disegno generale con un identità più consapevole e marcata.
Stefano Berta
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