Made in Hong Kong - Fruit Chan - 1997
- Federico Cenni
- 13 feb 2023
- Tempo di lettura: 1 min

Made in Hong Kong è davvero una di quelle opere che ti si calcifica in testa e che li rimane per tutta la vita. Per tutta la vita. Prodotto con 40.000 dollari e girato con pellicole avanzate da altri set, interpretato da attori non professionisti ma intriso d’una forza narrativa ed estetica al di là di ogni concezione. Spaccato di una situazione politica in cui non si apparteneva a nessuno, si era apolidi e soli, tristi e rassegnati. La vita di 3 ragazzi di Hong Kong che vivono cercando un loro posto nel mondo sapendo di non averlo in partenza, sopraffatti da una società troppo veloce per loro, in continuo mutamento e sempre più esclusiva. Una società che della società ha solo l’etimologia della parola, perchè quella di Fruit Chan è una realtà in cui ognuno vive per se, in cui chiunque cerca di sopravvivere al giorno senza aspettative. Quella di Fruit Chan è una società asociale, irrecuperabile, alienante. E poi la città, composta da enormi scatoloni di cemento in cui le persone vivono incasellate in appartamenti claustrofobici e trasandati, più simili a celle che a case. E il cielo plumbeo, gli occhiali con le lenti gialle come il tramonto, la frenesia capitalista, il sangue, il sesso, la droga, la malattia e la morte. Lo spirito di una ragazza arresa alla sua esistenza. Lo sperma come lacrima. La lacrima come assoluzione del peccato. Il peccato come rinascita. La rinascita come, ancora, la morte.
Quello di Fruit Chan è un film che definire incredibile è veramente riduttivo, del quale è superfluo analizzare la tecnica e che va vissuto senza farsi troppe domande.
Federico Cenni
Kommentare